La terapia genica si rivela efficace sulla beta-talassemia

Studio clinico effettuato dai ricercatori dell’HSR San Raffaele di Milano dimostra che la terapia genica può permettere ai malati di vivere senza trasfusioni.

Sono stati pubblicati su Nature Medicine i risultati del primo trial clinico sull’utilizzo della terapia genica nella beta-talassemia, condotto all’Istituto Telethon per la Terapia Genica di Milano da un gruppo di lavoro, posto sotto la guida della Prof.ssa Giuliana Ferrari, docente dell’Università Salute e Vita – San Raffaele, che ha coinvolto l’omonimo Ospedale milanese , con l’Unità Operativa di Immunoematologia Pediatrica diretta dal Prof. Alessandro Aiuti e quella di Ematologia e Trapianto di Midollo, diretta dal Prof. Fabio Ciceri, la Fondazione Telethon e Orchard Therapeutics. Lo studio ha coinvolto anche il Centro malattie rare del Policlinico di Milano, diretto dalla Dott.ssa Maria Domenica Cappellini, altri centri specializzati e le associazioni dei pazienti (in particolare l’Ass. Talassemici e Drepanotici Lombardi Onlus), ed è stato realizzato sotto il coordinamento della Dott.ssa Sarah Marktel.

La malattia

Parliamo di una malattia genetica che colpisce il sangue, causata da una mutazione del gene che codifica un componente dell’emoglobina, detto beta-globina, deputato al funzionamento dei globuli rossi e ai loro meccanismi di trasporto dell’ossigeno. Ad oggi, le mutazioni note sono oltre 300, e possono portare a forme di beta-talassemia a gravità variabile. I pazienti affetti dalle forme più gravi possono presentare anche la quasi totale assenza di beta-globina, che li costringe a frequenti ricoveri ospedalieri per effettuare trasfusioni (il che vuol dire che c’è una bassa qualità a livello di vita) o al trapianto di midollo osseo.

Incidenza

La beta-talassemia è molto diffusa nell’area mediterranea. Solo in Italia, attualmente, ci sono oltre 7000 persone affette.

Lo studio

Per questo trial, sono stati trattati 9 pazienti, di cui 3 bambini al di sotto dei sei anni di età, 3 adolescenti e 3 adulti di oltre trent’anni, che hanno manifestato la malattia nelle forme più gravi, rendendoli quindi dipendenti dalle trasfusioni. Il protocollo consiste in una tecnica di terapia genica simile a quelle già sperimentate per altre malattie rare (l’ADA/SCID, la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich): anzitutto, sono state prelevate cellule staminali dal sangue periferico dei pazienti. In secondo luogo, i ricercatori hanno inserito all’interno di queste una copia del gene funzionante che contiene la beta-globina (con l’obiettivo di ristabilire il corretto funzionamento delle cellule malate e dei globuli rossi in cui possono differenziarsi) tramite un vettore lentivirale, un virus che fa parte della stessa famiglia dell’HIV (a cui sono state tolte le informazioni pericolose contenenti l’infezione) che diventa un mezzo di trasporto per la terapia. Infine, le cellule staminali corrette sono state reinserite tramite infusione nelle ossa dei pazienti (in modo da favorire il loro attecchimento nel midollo osseo).

I primi riscontri

A distanza di oltre tre anni dall’avvio del protocollo, i ricercatori hanno riscontrato risultati nel complesso positivi: 3 bambini su 4 con un follow-up sufficiente (uno dei bambini non ha avuto effetti positivi, e i ricercatori stanno cercando di capire perché) sono totalmente indipendenti dalle trasfusioni, mentre negli adulti è stata evidenziata una significativa riduzione delle frequenze di ricovero ospedaliero.

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